Notte stellataÈ la musica che mi fa pensare, é il silenzio che mi fa ascoltare, è il cuore che mi chiama dal profondo e che mi fa sentire estraneo, al fine di potermi guardare, di poter capire il riflesso dell’anima che si esprime attraverso il mio pensiero. Non sento il corpo, sento l’anima, intrinseca mi pervade, cerco di raggiungere una sensazione definita e mi esprimo tramite vocaboli non abbastanza spessi di senso raffinato. È più fine di me, l’anima, è più elegante e più preziosa. È il fulcro dentro di me che si fa sentire quando meno me l’aspetto, sento qualcosa che tangibile non è, qualcosa che si esprime meglio ascoltandola più che capendola, perché è impossibile raggiungerla nel pieno di una facoltà tale da poterla sintetizzare su un foglio. È una sensazione inesprimibile, uno stato confuso di invasiva potenza, di effimera ricchezza, mi fa sentire vivo, mi fa sentire il dovere di esprimermi.

Non potrò mai raccontarvi l’esatto pensiero, almeno per ora che scrivo non mi capacito nel farlo.
Se avete mai provato qualcosa di strano dentro di voi, una forza scatenante all’interno dell’anima, un’immane sensazione tale da rabbrividire, un pensiero indefinito che vi spinge a qualsiasi arte, che vi porta a voler creare, che rende la vostra fantasia più viva fino a dover per forza rompere la routine e librarvi nella vostra più innata espressione, se avete provato tutto questo allora siete vicini al mio pensiero, siete in preda alla vostra anima, alla vostra persona più inconscia, che si accinge a farvi capire che avete dentro qualcosa di abnorme, un pozzo di infinita riserva che silenziosamente vi mette nella condizione di dovervi attingere.
Personalmente sento sempre bisogni diversi, dal dovermi perdere in concetti al mettermi davanti a un computer con il foglio bianco e doverlo riempire, come in questo momento. E non basta mai, il bisogno è grande, torna spesso, sento un vuoto, dover scrivere, dover fare, dovermi informare, dover leggere, ogni cosa che occupa il mio tempo deve essere fatta con tutto lo sforzo necessario per colmare una lacuna dell’anima. Un vuoto immenso da dover riempire con la fantasia, un vuoto che ritorna sempre e che ha bisogno di tutta la mia attenzione al fine di sentirmi soddisfatto.
È triste a volte sentire il vuoto, ma forse è il vuoto della vita che cerco di colmare, è l’immancabile sensazione di non senso che mi fa vivere, è tutto questo che mi sprona, il mio incubo vuoto si esprime attraverso le mie mani al fine di ergere soddisfazione davanti ai miei occhi, e il vuoto rimane. Ma l’appagamento degli occhi è tale da potermi ritenere soddisfatto per brevi istanti. Colmare il vuoto all’interno potrebbe essere come cambiarmi il volto, cambiare amici, parenti, cambiare tutta la mia realtà, vorrebbe dire cambiare la mia persona, e cambiare la propria persona vuol dire uccidere la propria anima innata dentro di noi.
È così che nel vuoto del mio tempo, nel mio silenzio attento, nel mio sguardo profondo e lento, è così che in tutto questo si esprime la mia anima, è così che vivo, così mi esprimo non per dare segni di vita agli altri, ma per dare un senso alla mia vita privo di sembianze estranee, un senso al mio essere e alla mia essenza.
Non esprimo il mio pensiero, ma raccolgo, sotto le stelle, il riflesso dell’anima poggiato sul fondo di un pozzo di incolmabile vuoto.

Patrick Pasquillo